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Clima, rifiuti, popolazione: un documentario su “Arte” per orientarsi nel mondo che cambia
23 febbraio 2022

Clima, rifiuti, popolazione: un documentario su “Arte” per orientarsi nel mondo che cambia

Dove si possono trovare contenuti culturali in streaming? La risposta è su Arte. La piattaforma comprende documentari, film, programmi informativi e spettacoli. Ne abbiamo recensiti alcuni

Similarmente a piattaforme come Netflix, Arte propone un ampio e vario comparto di contenuti, i cui modi e tempi di fruizione vengono decisi dall’utente. A tal proposito, la registrazione permette di tenere traccia delle cose già viste o che si vogliono vedere, con una personale lista privata. Arte è un progetto europeo - ormai trentennale - che crede nella cultura come collante dei popoli.

Arte in pillole

Tutto iniziò nel 1992, quando Arte cominciò a trasmettere i suoi valori come magazine e con produzioni audiovisive. Nel 1997 ampliò il suo raggio d'azione grazie alla trasmissione digitale via satellite, su Tps, Zdf e Canalsattelite. Nel 2009, infine, è approdata sul Web.

Negli anni, Arte è cambiata moltissimo, soprattutto dopo il suo approdo al digitale. Servendosi anche di corti animati - doppiati o sottotitolati in sei lingue - riesce a esprimere una forza innovativa e sempre originale, uno spaccato su argomenti di cui non molto spesso si trovano contenuti rilevanti o impegnati.

La piattaforma è di intuitivo utilizzo, con divisione per categorie. La Home si presenta leggibile e stimolante: vengono messi in evidenza i video più nuovi e correlati a quelli giù visti, invogliando il visitatore a non fermarsi alla prima occhiata. La sezione “Gli imperdibili”, invece, contiene le produzioni più apprezzate, mentre sono presenti delle categorie sempre aggiornate che tengono conto delle visioni e delle liste create dagli utenti. Come impostazione, ricorda molto l'interfaccia di Disney+.

Nella sezione “Chi siamo” è possibile trovare nel dettaglio la storia e i programmi divisi per anno, in uno schema chiaro e trasparente. I nomi e gli impieghi di ciascun responsabile sono scritti a chiare lettere, così come la provenienza dei finanziamenti - che non possono derivare dalla pubblicità, ma solo tramite canone, co-finanziamenti europei ed enti pubblici.

Attenti anche alla tutela dei minori, apparirà sempre un avviso prima della riproduzione di contenuti non adatti a determinate fasce d’età. Attraverso la barra di ricerca, poi, si possono cercare facilmente i vari prodotti, fra cui spiccano quelli animati per adulti.

La macchina che fa muovere gli ingranaggi di Arte è composta da tre grandi redazioni: una - la principale - a Strasburgo, una in Francia e una in Germania. Tutte e tre collaborano nell’organizzazione e nella composizione dei contenuti, anche co-producendo con altri Paesi europei. Per rendere eterogenea l’offerta, inoltre, vengono fatti accordi con canali pubblici di emittenti europee di varia natura.

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Arte per tutti

Forte del fatto che la diversità ci rende complessi e umanamente preziosi, Arte celebra questa ricchezza attraverso ogni persona e fatto raccontato. L’obiettivo è quello di portare la cultura ovunque riesca ad arrivare lo streaming. L’Unione Europea, del resto, è sempre stata composta da tradizioni diverse e diversi costumi, e questo progetto intende rispettarli ed esaltarli tutti attraverso le proprie produzioni. L’inclusività e la varietà dell'offerta rende Arte una piattaforma per tutti. Attraverso le sue lenti, infatti, si spazia di realtà in realtà, portando anche testimonianze dirette.

Capire il mondo attraverso Arte è un ottimo modo per saperne di più in merito ad argomenti poco battuti o non ancora esausti (come il femminismo), ricevendo sempre spunti di riflessione sulle dinamiche che fanno funzionare la società così come la conosciamo oggi. Un ammirevole progetto per nutrire la cultura senza confini, al passo coi tempi, attenta alle nuove esigenze e ai metodi di fruizione. 

Un esempio concreto è il documentario di Irja von Bernstorff, "Missione clima".

"Missione clima": quattro bambine, tre continenti, un pianeta

“Le nostre capre non trovano più da mangiare né da bere”. Sono queste le prime parole di Fatou, una delle giovani attiviste tra gli 11 e i 14 anni che ogni giorno lottano contro la crisi climatica. Sebbene provengano da differenti posti del mondo, un'unica preoccupazione le accomuna: il riscaldamento globale.

Il Senegal è stato duramente colpito dalla siccità. Per questa ragione, la piccola Fatou dedica molte ore del giorno a cercare l'acqua, derubando del tempo alla sua infanzia in nome della sopravvivenza. Gagan, figlia di due contadini nel Pendjab, lotta contro la bruciatura dei terreni impiegata nell'eliminazione dei rifiuti agricoli, poiché causa gravi problemi respiratori agli abitanti del luogo - lei compresa. Aeshnina (Nina) è impegnata nel denunciare i danni causati dai rifiuti in plastica smaltiti illegalmente, e che si stanno impossessando di tutto lo spazio calpestabile dell'Indonesia. Sabyah, dall'Australia, critica ed è consapevole delle colpe dell'industria del carbone, responsabile della scomparsa della biodiversità marina.

In natura non esistono rifiuti

Attraverso una serie di filmati reali e grafiche informative, il documentario espone le realtà di queste ragazze, le loro vite e la tragedia climatica che le accomuna (che ci accomuna tutti). Loro, come molti altri, sono affette da eco-ansia, ovvero uno stato di paura e preoccupazione legato alla crisi del clima. Chi come Nina, Sabyah, Fatou e Gagan vive nelle zone più inquinate del mondo, presto si troverà nella dolorosa condizione di profugo climatico, cioè colui che abbandona la propria terra a causa di condizioni climatiche inadatte alla sopravvivenza. 

Moltissimi territori, soprattutto situati in paesi in via di sviluppo, sono in questa tragica condizione a causa dello sfruttamento da parte dei Paesi più ricchi: l’economia si basa sullo sfruttamento di risorse e capitale umano, che nel corso del tempo sono andati sempre più a logorarsi. Ignorare questo fatto rende ciechi di fronte all'inevitabile conclusione alla quale arrivano le attiviste protagoniste di questo documentario. 

Gagan accusava delle fitte al fianco finché non è stata operata ai polmoni. La causa era un'infezione dovuta all'aria contaminata e piena del fumo derivante dalla bruciatura dei campi, vicino casa sua. Ogni giorno, per andare a scuola, passa attraverso questa coltre, la stessa che l'ha fatta ammalare. I contadini spiegano che la situazione non è facile, in quanto il governo non predispone dei fondi per smaltire i residui delle bruciature dei terreni. Respirare quell'aria è come fumare ventiquattro sigarette al giorno.

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Nel frattempo, in Australia, Sabyah, si immerge nelle profondità marine che la affascinano tanto, mentre spiega cosa stiamo perdendo a causa della CO² prodotta dalle miniere di carbone. La maggior parte della barriera corallina è compromessa, o del tutto scomparsa. Per Sabyah, il mondo sta per perdere un altro mondo - sommerso. Per via del calore, le micro alghe diventano tossiche. L'Australia è il maggior paese per emissioni di CO² al mondo.

Intanto, Nina galleggia tra una marea di rifiuti. Gli abitanti della sua regione sono principalmente contadini che guadagnano smistando la plastica, e questo ha conferito loro il soprannome di "coltivatori di plastica". Anche i bambini lavorano per smistare la plastica, trovando rifiuti provenienti da ogni parte del mondo. Vengono trasportati da container provenienti dai Paesi più ricchi per essere scaricati in Paesi poveri come l'Indonesia. Rivendendo la plastica, gli indonesiani possono comprare l'acqua potabile in bottiglie, anch’esse di plastica, in un ciclo infinito di consumo. La plastica invenduta finisce bruciata o nel fiume, producendo una grossa quantità di diossina.

Per Fatou, ogni goccia d'acqua è importante - persino quella del proprio sudore. La desertificazione è una causa fondamentale del cambiamento climatico: provoca siccità e brevissimi periodi di piogge che non riescono a bagnare sufficientemente il terreno. La riserva d'acqua accumulata durante la stagione delle piogge, infatti, non basta tra un periodo di siccità e l'altro.

Non c'è più tempo

Duecento milioni di ore al giorno. E' il tempo impiegato dalle ragazze come Fatou per prendere l'acqua. Pochi decenni, invece, è il tempo che rimane prima di arrivare al punto di non ritorno. 

I contadini dei Paesi in via di sviluppo sono indebitati a causa del costo delle sementi, in un mondo in cui l'acqua inizia a diventare un bene prezioso ma scarso. Le ragazze tentano di organizzarsi tra loro, cercando di convincere i compagni a perorare la loro causa, con questionari e gruppi di discussione.  Nonostante la giovane età, l'emergenza che vivono ha consentito loro di avere uno sguardo più critico nei confronti della realtà, spingendole alla ricerca di ogni soluzione possibile. In fondo, lotta più per la sopravvivenza chi è messo alle strette. 

I più giovani interessati al clima nei paesi in via di sviluppo analizzano il problema culturalmente orientati e socialmente condizionati da una situazione sconfortante: alcune soluzioni pensate dalle giovani attiviste prevede che moltissimi lavoratori restino disoccupati a causa della chiusura di stabilimenti inquinanti. Questo, però, non può succedere: in una società strutturata su modelli economici che vedono nel capitale l’unica vera risorsa, gli umani fanno parte di un ingranaggio che produce capitale per mezzo del lavoro; senza ciò, ci sarebbero ripercussioni sociali alle quali, forse, non siamo pronti.

“Riprendetevi i vostri rifiuti"

Provarci fino in fondo. Scrivere ai paesi che esportano rifiuti dicendo ai presidenti che non possono trattare casa loro come una discarica. Quindi “riprendetevi i vostri rifiuti”, afferma Nina - che con le sue compagne aveva mandato diverse lettere all’ex presidente Donald Trump (il quale, lo ricordiamo, era uscito dall’accordo di Parigi per fronteggiare la crisi climatica). La scelta tra istruzione e sopravvivenza è una delle drammatiche situazioni che ragazze come Fatou sono costrette ad affrontare. Ma la crisi climatica non riguarda solo lei - o solo loro. A causa di ciò che succede nei Paesi più sviluppati, il resto del mondo paga un prezzo molto alto, che spesso la democrazia non riesce a sopportare.

Giulia Cerami

Giulia Cerami

Siciliana che sogna oltre i confini del mare. Guardo sempre le cose con un certo pessimismo, ecco forse perché mi interesso di tematiche ambientali e femminismi. Però niente paura, per bilanciare dipingo e l'arte cinematografica (del piccolo e grande schermo) ha un posto privilegiato nel mio cuore.

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