Quest’anno Netflix compie venticinque anni. Nel 1997, il modo di interfacciarsi ai prodotti audiovisivi era notevolmente diverso; ma, seguendo passo-passo la storia del colosso dello streaming, si può ripercorre anche l’evoluzione che ha portato alla semplicità di oggi.
Fino alla metà del secolo scorso, andare al cinema era un evento – le proiezioni dei Lumiere, le sale degli anni ’20, il dopoguerra –, ma col passare del tempo la cosa è diventata sempre più “normale”. Non a caso, la cosiddetta Età dell’Oro di Hollywood va proprio dagli anni ’20 alla fine degli anni ’60.
Alla base di tutto c’era lo Studio system. Le case di produzione gestivano ogni cosa, dalla scrittura alla distribuzione del film – almeno finché le leggi antitrust impedirono alle majors di possedere sale cinematografiche in cui proiettare le loro stesse pellicole –, e potevano contare su contratti esclusivi con gli attori e le attrici più in voga. Le star potevano recitare soltanto per i loro studi: Rita Hayworth lavorò a lungo con la Columbia; Marylin Monroe cominciò alla Fox; Gary Cooper ebbe i primi ruoli grazie alla Paramount; Clark Gable fu legato alla Metro-Goldwyn-Mayer per diverso tempo.
L’Età dell’Oro finì per una lunga serie di motivi correlati. Le già citate leggi antitrust, per esempio, misero in difficoltà le case di produzione, e il maccartismo seminò il sospetto in tutta Hollywood. Il gusto del pubblico, poi, iniziò a cambiare, così cambiarono anche i tipi di film che venivano girati – più cupi, più seriosi. Infine, arrivò la televisione.
A posteriori, la tv non ha ucciso il cinema come si temeva, ma di certo lo ha costretto ad evolversi. Le cose cominciarono a cambiare davvero con l’avvento dell’Home Video e di Netflix.
Con “Home Video” si intendono tutte le tecnologie, le apparecchiature fisiche e le pratiche atte a guardare film e serie in casa propria. Per diverso tempo, in realtà, la maggior parte del mercato Home Video era rivolto soltanto ai classici filmini casalinghi – quelli delle vacanze o dei figli –, con formati come il Super 8 e il VHS-C. Quest’ultimo, in particolare – introdotto da JVC nell’82 –, era una versione ridotta per sistemi portatili del più famoso VHS, che per molti è sinonimo di Home Video “vecchia scuola” tout court.
Il 21 settembre 1970 venne presentato il sistema EVR (Electronic Video Recording). Grazie ad esso, era possibile registrare un qualsiasi programma tv e rivederlo in un secondo momento. Da allora, il mercato fu invaso da supporti sempre nuovi e diversi: Betamax, della Sony; il già citato VHS-C; il laserdisc. Tutte queste tecnologie, però, diventavano obsolete molto in fretta: da un lato, i costi di produzione erano elevatissimi; dall’altro, i supporti ottici digitali funzionavano meglio e diventavano ogni anno più vantaggiosi sotto ogni punto di vista.
Tralasciando il Video CD – introdotto in Giappone nel ’91 per i locali karaoke e usato solo raramente come supporto per memorizzare film –, la vera svolta fu l’avvento del DVD Video. Nonostante alcuni tentennamenti inziali – le case di produzione erano preoccupate che potesse portare a una pirateria quasi indistinguibile dall’originale e molto superiore a quella fatta partendo dalle videocassette –, il DVD sostituì ben presto VHS e Betamax, diventando di fatto l’unico supporto – digitale – per i film. Introdotto nel ’97 e integrato con alcuni sistemi protettivi per arginare la pirateria, il DVD permetteva di masterizzare film in buonissima qualità perché aveva una memoria molto superiore a quella delle cassette, e per molto tempo dominò il mercato.
Al momento, il miglior supporto fisico per i contenuti audiovisivi è il Blu-Ray Disc – sia nel formato classico, sia in quello Ultra HD –, perché ha una risoluzione in 4K e una frequenza di 60 fotogrammi al secondo. Il Blu-Ray venne introdotto nel 2006, e da allora convive pacificamente col DVD.
Anche Netflix partì dai DVD. I due fondatori, Marc Randolph e Reed Hastings, capirono che avrebbero potuto applicare il modello di Amazon al cinema casalingo: l’utente si sarebbe collegato a Internet, avrebbe scelto un film qualsiasi dal catalogo – all’inizio ne avevano solo 925 – e poi avrebbe aspettato che il DVD arrivasse via posta. Il prezzo complessivo era di 6 dollari, e i film erano in DVD – le VHS erano troppo fragili per essere spedite in tutto il Paese.
Le attività di Netflix cominciarono ufficialmente il 14 aprile 1998. Ben presto, venne implementata una formula ad abbonamento mensile che permetteva di ricevere tre film alla volta ogni trenta giorni. Nel 2005, Netflix spediva un milione di DVD al giorno.
La pay-tv è stata senza dubbio la predecessora delle piattaforme streaming. Tramite la sottoscrizione di un abbonamento, infatti – proprio come su una piattaforma streaming –, è possibile guardare contenuti audiovisivi esclusivi – proprio come su una piattaforma streaming. La differenza è nella modalità di trasmissione: i canali a pagamento si trovano nella lista dei normali canali tv, ma il segnale è criptato e “sbloccabile” solo tramite un decoder.
Il vantaggio dello streaming rispetto alla pay-tv, però – a parte la pubblicità, che comunque anche le piattaforme cominciano a considerare –, è senza dubbio la mancanza del palinsesto. La tv a pagamento segue le logiche della televisione normale, con certi film a certi orari stabiliti; Netflix, al contrario – o qualsiasi altra piattaforma – mette sempre a disposizione tutto il catalogo.
Le piattaforme streaming hanno cambiato il modo di vedere film e serie tv. Anche se oggi queste ultime sono tornate a programmazioni più classiche, con episodi settimanali come una volta, il fatto che possano essere guardate quando si vogliono rimane comunque un’esclusività. La stessa Sky, nel 2012, ha lanciato Now proprio per seguire questa tendenza.
La piattaforma streaming di Netflix nacque nel 2007. Similmente al loro noleggio, anche qui era possibile abbonarsi e guardare senza limiti tutto ciò che si desiderava.
Negli anni immediatamente successivi furono lanciate anche Hulu Prime Video e ABC News Live, ma nessuna di loro riuscì a crescere velocemente come la rivale. Nel 2011 – mentre usciva la prima stagione de Il Trono di Spade –, Netflix produsse House of Cards, il suo primo contenuto originale. Una decina d’anni dopo, infine, nacquero tutte le altre piattaforme: Disney Plus nel 2019, Peacock e HboMax 2020, Discovery Plus e Paramount Plus nel 2021.
Da allora, le produzioni streaming hanno continuato a lievitare sensibilmente – sia per Netflix, sia per le altre piattaforme. La comodità di avere un vastissimo catalogo sempre a disposizione e la semplicità di utilizzo hanno contribuito alla crescita del fenomeno. Ad oggi, Netflix produce e/o distribuisce quasi 400 prodotti all’anno, ed è la piattaforma con più abbonati al mondo – circa 200 milioni. Seguono Prime Video (175 milioni), Crunchyroll, (120 milioni) e Disney Plus (118 milioni).
Il cinema ha sempre temuto i suoi rivali più semplici, tecnologici e comodi. Negli anni ’50, per esempio, molti credevano che la televisione avrebbe soppiantato la sala in brevissimo tempo. Il cinema, per sopravvivere, si ingegnò e si evolse, trovando nuovi modi per attirare il pubblico – come i film a colori o il 3D.
Negli anni ’70, invece, Hollywood andò incontro a una vera e propria rivoluzione artistica: la cosiddetta Nuova Hollywood fu caratterizzata da registi che avevano carta bianca per sviscerare a fondo tutto ciò che sentivano di dover dire. Scorsese, Spielberg, Allen, De Palma, Cimino, Coppola e Lucas iniziarono a lavorare in questo periodo, girando film che hanno segnato la Storia del Cinema e che oggi sono considerati dei classici. Ironicamente, grazie a questi autori nacquero anche i blockbuster e i film estivi – pellicole che attiravano la gente in sala promettendo esperienze visive magnifiche –, come Lo squalo e Star Wars.
Benché la sala fosse ancora il modo prediletto per usufruire di un film, il mercato Home Video cominciò a conquistare terreno. Da una parte, c’erano i cinefili e i collezionisti che compravano i film per averli sempre con loro; dall’altra, le persone si resero conto che noleggiare una videocassetta era più facile che andare al cinema, così le sale di seconda e terza visione – dove venivano proiettati i film già usciti da tempo – cominciarono a sparire. L’Home Video, poi, rese sicuramente più semplice le scelte di molti: perché uscire di casa, fare un’ora di macchina e andare al cinema, quando si poteva noleggiare un film che si voleva ugualmente vedere restando sul divano?
La televisione e l’Home Video sembravano il colpo di grazia sul Cinema, ma la sala ha sempre saputo rinnovarsi ed evolversi, sopravvivendo fino ad oggi. A suo vantaggio – bisogna dirlo –, il cinema può proporre un’esperienza audiovisiva e sociale con cui la tv e l’Home Video non possono competere – benché entrambi più comodi della sala. Tuttavia, negli ultimi anni, le sale cinematografiche – anche per colpa dello streaming – stanno vivendo una profonda crisi. Che sia infine arrivato davvero un nemico troppo forte?
Di certo, un bel colpo è stato assestato dalla pandemia: decine e decine di film, fra il 2020 e il 2021, sono sbarcati direttamente in streaming; le misure di contenimento hanno impedito alle sale di riempirsi; le piattaforme sono comunque molto più comode e versatili di quanto non fossero i punti vendita Blockbuster, i DVD e l’Home Video in generale. Oggi, inoltre, la tecnologia audiovisiva casalinga è decisamente superiore rispetto a quella del passato, anche se uno spettatore casuale – prendiamolo come paradigma dell’uomo-comune-inesperto-di-cinema – non coglierà mai davvero la differenza fra un film in Blu-ray Ultra HD e uno in streaming – benché il primo sia decisamente migliore, essendo un supporto fisico contro un flusso di dati.
Gli impianti audio delle sale di ultima generazione, poi, sono senza dubbio superiori a qualsiasi impianto domestico, ma uno spettatore casuale con delle buone casse può avere la stessa impressione di essere al cinema e non pensarci troppo. Infine, quasi tutte le tv di ultima generazione hanno una qualità video pazzesca, perciò lo spettatore casuale dovrà solo decidere se vedere il film su un megaschermo – ma vestirsi, uscire e pagare un biglietto – o su un 65 pollici – ma in pigiama e senza troppi sbattimenti.
Del resto, uno spettatore davvero casuale andrà al cinema perché è “bello”, e non tanto per una questione di cinefilia; riconoscerà la differenza fra l’audio di casa sua e quello della sala, probabilmente, ma è quasi certo che non si chiederà quali tecnologie ci siano sotto. Senza contare che, in Italia, le sale cinematografiche – a parte rarissime eccezioni – sono tutte vecchie e scadenti, perciò l’audio casalingo batte spesso quello cinematografico.
Un buon esempio è quello che è successo l’anno scorso coi film Warner Bros. Per tutto il 2021, infatti, la Warner ha fatto uscire i suoi film contemporaneamente in sala e sulla piattaforma proprietaria HboMax. Un qualsiasi spettatore casuale preoccupato dai contagi e non troppo interessato all’esperienza cinematografica – uno non troppo ferrato sulla differenza di audio e qualità video che va al cinema per guardare il film e basta – non avrebbe motivo di andare in sala quando può vedere la stessa pellicola a casa sua, sul divano, mettendolo in pausa ogni volta che vuole andare in bagno o mangiare. Usare la diversa esperienza come argomento a favore non regge: perché, in piena pandemia, una persona che voleva solo guardare un film per il gusto di farlo sarebbe dovuta andare in sala invece di restare a casa propria e vedere lo stesso film?
Nel 2022, guardare un film è più semplice e immersivo che mai: i cataloghi delle piattaforme sono pressoché infinti; uno spettatore casuale con una buona tv e un impianto audio decente penserà di avere un effetto molto simile alla sala; la comodità di casa è imbattibile. Avere tutto a portata di clic, poi, ha cambiato ancora una volta il modo di percepire i film. Perché andare al cinema per guardare The Northman? Ormai la finestra fra l’uscita in sala e quella in digitale è diventata un mese e mezzo. Vale davvero la pena – per uno spettatore casuale – vestirsi, prendere l’auto, andare al cinema e guardare un film autoriale sui vichinghi? Oppure è meglio attendere quarantacinque giorni e guardarlo online in maniera legale e in alta qualità? Del resto, non si corre il rischio di incappare in qualche spoiler – non è certo un film evento –, né tutto il mondo ne parlerà come parla dell’ultimo film Marvel, perciò aspettare così poco non sembra un gran problema.
Senza contare che The Northman potrebbe non piacere, e a quel punto sarebbe un po’ seccante uscire a metà proiezione e andarsene – del resto, si è pagato un biglietto apposta. A casa, invece, si può interrompere e passare ad altro, anche perché si paga un abbonamento proprio per avere la possibilità di vedere tutti i film che si vuole.
L’unico modo che le sale hanno per convivere con lo streaming è dare agli spettatori qualcosa che lo streaming non può dare: impianti all’avanguardia; poltrone comode e bar forniti; eventi come cineforum e rassegne; finestre più larghe fra l’uscita in sala e quella in digitale, per “costringere” chi vuole vedere il film a scegliere fra l’andarci subito o l’aspettare mesi. Da una decina d’anni a questa parte, per esempio, molti film escono al cinema in formati che la maggior parte delle tv non supportano.
L’IMAX ha una risoluzione e una grandezza molto superiori al normale: a casa propria, per quanto si possieda un televisore enorme con la possibilità di vedere l’IMAX, l’effetto non sarà mai uguale, perché questa tecnologia è pensata apposta per i megaschermi cinematografici (quello di Roma è 150 metri quadrati). Le poltrone, poi, sono posizionate in maniera particolare – più vicine allo schermo e inclinate diversamente –, e anche l’audio funziona in un altro modo.
La strategia vincente è trasformare i film in eventi imperdibili. Spiderman – No Way Home ha incassato quasi due miliardi di dollari pur essendo uscito in piena pandemia, e questo perché il film prometteva grandi cose – fra cui il ritorno di tutti gli attori di tutti i film di Spiderman. In generale, qualsiasi produzione dei Marvel Studios è diventata un evento: sono film di tendenza, tutti li conoscono, tutti li amano, sono divertenti, tutti li vogliono vedere.
A dicembre uscirà il sequel di Avatar. Il primo film, nel 2009, divenne un fenomeno di costume perché il 3D fu usato in maniera innovativa; il sequel, stando alle dichiarazioni del regista James Cameron, userà una tecnologia ancora più mirabolante. Con queste premesse, è ovvio che soltanto al cinema si potrà godere di un’esperienza immersiva totale.
Sono nato in Romagna (terra “solatia, dolce paese”, come scriveva Pascoli) e da qui mi sposto sempre a malincuore. Guardo un sacco di film e monto un sacco di Lego, ma a volte esco anche di casa per andare in libreria. Scrivo per capire il mondo che mi circonda, in qualsiasi forma si presenti.