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Facciamo il punto della situazione sulla fibra ottica in Italia
31 marzo 2022

Facciamo il punto della situazione sulla fibra ottica in Italia

Il Piano "Italia a 1 Giga" ha come obiettivo quello di portare, nei prossimi anni, la connessione in fibra ottica a sette milioni di civici.

Questi sette milioni vanno ad aggiungersi alle sedici milioni di abitazioni già raggiunte al 2021. Si parla di un investimento da 3,7 miliardi di euro, il 20% dei quali provenienti dai fondi del PNRR destinati al digitale. Si tratta del più grande investimento pubblico mai fatto dallo Stato italiano nell’ambito delle telecomunicazioni.

I diversi tipi di fibra ottica

Le modalità di erogazione di connessione a Internet per mezzo di fibra ottica, ad oggi, sono due: FTTC e FTTH. Con FTTC (Fiber to the Cabinet) si intende una fibra che arriva solo fino all’armadio di strada; da qui, si collega al consumatore tramite l’ormai vetusto rame.

Con la FTTH, invece (Fiber To The Home), la fibra ottica entra di fatto all’interno delle abitazioni, offrendo una qualità di connessione e una stabilità migliori.

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Serve un ulteriore piano di aggiornamento per la diffusione della banda ultra-larga?

Decisamente sì. Soprattutto perché c’è una grande fame di banda: le velocità continuano ad aumentare, ma il numero di servizi immaginabili è ancora più ampio.

Il problema principale è che il settore privato si è occupato delle aree più remunerative, cioè le grandi metropoli e i principali centri urbani (circa 300 grandi città), lasciando scoperto tutto il resto del Paese. L’intervento più recente è stato messo in atto da Flashfiber, ex partecipata da Tim e Fastweb, che a fine 2020 ha realizzato reti in FTTH in 29 città italiane, allora ancora scoperte (Ancona, Bari, Bergamo, Bologna, Brescia, Catania, Firenze, Genova, Messina, Modena, Monza, Napoli, Padova, Palermo, Parma, Perugia, Pescara, Prato, Reggio Calabria, Reggio Emilia, Roma, Salerno, Siena, Torino, Trento, Trieste, Venezia, Verona, Vicenza).

Oggi Flashfiber è confluita in una nuova società partecipata dai precedenti azionisti e dal fondo KKR - denominato FiberCop -, il cui progetto prevede soltanto la realizzazione della rete secondaria in fibra ottica. Questa andrà dall’armadio ripartilinea di TIM alle abitazioni e prevede l’installazione di un apposito “armadio ottico” marchiato FiberCop o TIM.

Nel 2016, il Pubblico - per mezzo di Open Fiber, joint venture tra Enel e CdP - ha avviato un piano per sopperire a questa mancanza e coprire un quarto del Paese. 

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Fra questi due grandi piani ci sono stati e continuano ad esserci investimenti privati, ma sono circoscritti a un ormai anacronistica FTTC - che non garantisce, ovviamente, il passaggio verso l’era del Gigabit al secondo.

In secondo luogo, questo nuovo piano è anche una grande opportunità per compiere un definitivo salto di qualità, portando la fibra a tutti, dappertutto. Si propone, inoltre, di anticipare al 2026 la scadenza dell’obiettivo europeo per i servizi a 1Gbit/s fissata al 2030.

Tutto questo è fondamentale perché la fibra ottica è il miglior mezzo di propagazione per i dati. Essendo un mezzo passivo, infatti, ogni possibile salto di qualità sarà possibile semplicemente cambiando gli apparati in testa e in coda.

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Le assegnazioni del bando arriveranno entro la metà dell'anno, per fare in modo di completare i lavori entro il 2026. Si tratta di una grande sfida, soprattutto perché mancano le risorse umane necessarie: il deficit è pari circa a 10.000 tecnici. Occorrerà formare tutte queste persone in soli 5 anni.

Rispetto all’ultimo piano pubblico - che prevedeva la realizzazione di una rete pubblica e la gestione da parte di un concessionario privato -, i finanziamenti vanno direttamente agli operatori di telecomunicazioni, che si impegnano ad attivare il servizio. Questo dovrebbe accelerare la copertura.

Ma non è semplice: sette milioni di civici da collegare in fibra ottica o con soluzioni fibra/radio, con l’obiettivo di garantire almeno un gigabit al secondo, richiedono un investimento di circa 300 euro per ogni collegamento.

Per dare un resoconto generale di quello che hanno prodotto gli investimenti pubblici precedenti, possiamo dire di aver coperto tre milioni di abitazioni, ma gli utenti che sfruttano effettivamente la nuova rete sono poco più di 50mila. Questo accade perché i bandi precedenti prevedevano che i restanti venti metri di collegamento per giungere all’interno delle abitazione fossero interamente a carico dell’operatore finale. Per fortuna, questo inghippo dovrebbe essere risolto con il piano "Italia 1 Gb".

Stando agli ultimi dati di FTTH Council Europe, da qui al 2026 si prospetta un tasso di crescita di copertura del +136% (circa 26 milioni di abitazioni). Questo ci posiziona quarti in Europa dopo il Regno Unito (+488%) e la Germania (+385%).

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(fonte: FTTH Forecast for Europe - FTTH Council Europe)

Per quanto riguarda la copertura FTTH delle aree rurali, invece, l’Italia si posiziona al 5° posto, con una copertura pari al 33%. Questo valore non è indifferente, perché supera la media europea di copertura delle aree rurali (22%) e perché, nel 2015, il valore di partenza era nullo.

Resta il fatto che la domanda italiana è bassissima. Al 2026, infatti, oltre 19,6 milioni di famiglie non saranno ancora dotate di un abbonamento alla fibra: è il risultato peggiore in Europa dopo quello della Russia.

Omar Stringhini

Omar Stringhini

Lombardo, cresciuto in Val Padana tra la nebbia e il Po ma immerso in larga parte nella cultura marocchina. Gioco coi computer dai 3 anni e guardo "Otto e Mezzo" dagli 8. Ogni tanto mi diletto in pasticceria.

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