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Il problema della violenza ostetrica
20 luglio 2022

Il problema della violenza ostetrica

Solo in Italia, dal 2003, più di un milione di donne ha denunciato violenze subite durante il parto

Abbandonate in sale parto fredde, senza sapere della salute del loro bambino, dissanguandosi, soffrendo ad ogni respiro, lacerate, tagliate e cucite come un vestito di poco valore. Così si sente chi ha subito violenza ostetrica.

L'abuso di cure

Per molte donne, l’esperienza del parto non incorre in complicazioni o episodi traumatici, ma negli ultimi anni è stato registrato un aumento della violenza ostetrica significativa in tutto il mondo.

Questo tipo di violenza è la più subdola: molte donne non sono sufficientemente coscienti dei limiti di alcune pratiche e di quando queste sfocino “nell’abuso di cure”. Il termine, nato in Sudamerica, serve per denunciare - appunto - l’abuso di cure e le pratiche che rivelano la falsa neutralità di alcune procedure mediche. 

Un po’ di chiarezza

Si tratta di una forma di violenza nascosta, perpetrata da alcuni operatori sanitari che dovrebbero invece occuparsi della partoriente e del nascituro. La natura della violenza può essere sia fisica che psicologica, con atteggiamenti che sottolineano la discriminazione e la violenza di genere. Questi comportamenti influiscono sulla salute sessuale, fisica e psicologica della donna.

Nel 2014, l’OMS ha pubblicato un documento intitolato La prevenzione ed eliminazione dell’abuso e della mancanza di rispetto durante l’assistenza al parto presso le strutture ospedaliere, in cui viene mostrato quanto alcuni trattamenti siano irrispettosi e abusanti, violando i diritti di salute, privacy e consenso informato. Anche il rifiuto della terapia del dolore e la scarsa assistenza durante il parto sono abusi molto frequenti.

L’episiotomia (incisione praticata durante il parto tra la vagina e l’ano) è stata dichiarata dannosa dall’OMS, eppure viene praticata nel 54% dei parti in Italia. Il cesareo non necessario è considerato un abuso, specialmente se non viene esplicitato il consenso informato, l’induzione farmacologica al travaglio e la manovra di Kristeller (consiste nel premere l’addome per favorire la nascita del bambino), che va eseguita solo in caso di emergenza. La lista di violenze che causano ferite che non si rimarginano è ancora molto lunga.

Unite contro gli abusi

In Italia, dal 1972, alcuni collettivi di Ferrara hanno avviato il movimento “Basta Tacere”, a cui partecipano migliaia di donne che offrono la loro testimonianza sugli abusi subiti durante il parto. Nel 2016, l’iniziativa è stata rilanciata, e ciò ha permesso di raccogliere diversi dati che mostrano l’aumento di queste violenze in tutto il mondo.

Il primo riconoscimento giuridico della violenza ostetrica risale al 2007, in Venezuela, mentre in Italia si è proposto di introdurla nel 2016 fra le “Norme per la tutela dei diritti della partoriente e del neonato e per la promozione del parto fisiologico”. 

Spesso, la salute della madre viene messa in secondo piano, soprattutto se si tratta della somministrazione di farmaci necessari che possono far male al nascituro o al feto. É il caso delle gestanti con malattie mentali non adeguatamente curate, per esempio, nonostante l’esistenza di farmaci sicuri in gravidanza e allattamento.

Pratiche mediche di questo genere, ripetute infinite volte, possono diventare meccaniche e deumanizzate, e chi le pratica dimentica che davanti ha delle pazienti con sentimenti che vanno tenuti in considerazione. A causa di tali esperienze, alcune donne scelgono di non ripetere l’esperienza con un secondo figlio. In effetti, chi di loro se la sentirebbe di rischiare di nuovo?

Giulia Cerami

Giulia Cerami

Siciliana che sogna oltre i confini del mare. Guardo sempre le cose con un certo pessimismo, ecco forse perché mi interesso di tematiche ambientali e femminismi. Però niente paura, per bilanciare dipingo e l'arte cinematografica (del piccolo e grande schermo) ha un posto privilegiato nel mio cuore.

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