Gli esseri umani costituiscono solo lo 0,01% della vita sulla Terra, eppure sono quelli che impattano di più sull'ambiente. Uno sviluppo sostenibile pertanto, si rende necessario. Tuttavia, il concetto di sostenibilità ambientale non è immediato e fatica a imporsi. Per gli individui si tratta di una consapevolezza difficile, che impaurisce: non sappiamo da dove iniziare per condurre uno stile di vita sostenibile. Dovremo rivoluzionare la nostra vita e le nostre abitudini? - è la domande che ci si pone.
La rivoluzione sostenibile parte da dentro: è lenta ma anche dinamica e profonda, penetra piccole cose quotidiane scavandole come una goccia nella roccia. Acquisito il meccanismo, si iniziano progressivamente a comprendere le leggi interne della sostenibilità, fino all'adattamento.
Lo stile di vita condotto dai più, frenetico e colmo di appuntamenti, impedisce di dedicare il tempo necessario a scelte, rese invece "fast", "easy" dalle logiche commerciali. Per questo, indugiare sulle etichette dei prodotti o un riuso intelligente degli oggetti in casa - giusto per citare qualche esempio concreto - sono aspetti a cui non tutti dedicano il tempo necessario. La sostenibilità non è una strada sola, ma tante insieme: comincia dal porsi delle domande che non riguardano solo se stessi ma che dovrebbero includere le possibili ricadute sugli altri e su qualcosa che si da per scontato, come il futuro. Punto di partenza è la consapevolezza che ogni azione ha un impatto ambientale. Ragionevolmente faticoso, ma non impossibile. La sostenibilità si coltiva: nell'arco della giornata, ogni piccola azione ha una sua sostenibilità. Dodici ore: un arco di tempo che può fare la differenza. È ciò che viene definita impronta ecologica individuale.
Sostenibilità è anche riscoprire le pratiche e gli usi del passato, come rivelare le modalità e le usanze quotidiane di nonni e bisnonni. Non vuol dire tornare indietro, ma utilizzare il passato come ispirazione per un nuovo inizio. Per esempio, l’umiltà di cui erano intrisi molti gesti, o di alcuni cibi impropriamente detti “poveri” - e che invece sono ricchi di nutrimento e fanno bene a noi e all’ambiente. E ancora: praticare l’arte del riuso e del riparo, inventarsi metodi alternativi, cucinare il più possibile anziché acquistare alimenti processati o confezionati.
Per comprendere quanto ogni pratica è strettamente collegata a ciò che ogni giorno caratterizza le nostre giornate, può essere utile delineare un percorso in sei tappe che tratteggi una mappa di gesti quotidiani e sostenibili.
- Cibo. Dev'essere il più possibile vegetale, perché bisogna consumare meno carne (nel 2017, il consumo pro capite ammontava a 80,95 chilogrammi all’anno). È necessario informarsi sulla provenienza della carne consumata, escludendo quella degli allevamenti intensivi, e si devono privilegiare il bio, lo sfuso, il km 0 e i prodotti locali. Soprattutto, non sprecare il cibo: in Italia lo spreco alimentare è aumentato del 15% rispetto all’anno scorso.
- Rifiuti. È importante differenziare correttamente, soprattutto l'organico. Comprare meno e meglio, scegliendo prodotti e oggetti più durevoli, genererà meno rifiuti.
- Acqua. Un individuo ha bisogno di circa 2,5 litri di acqua al giorno, ma c’è differenza fra l’acqua delle bottiglie e quella del rubinetto. L’acqua “a km 0” è sicuramente la scelta più sostenibile.
- Igiene personale e skincare. Chiudere il rubinetto quando si lavano i denti o le mani, preferire la doccia alla vasca e fare bagni brevi e veloci possono sembrare gesti futili, inutili, ma in realtà sono profondamente sostenibili. Nella skincare, invece, “less is more” è il mantra: scegliere pochi prodotti ma di qualità, utilizzare dischetti o panni riutilizzabili.
- Armadio sostenibile. Comprare meno è meglio; chiedersi se si ha davvero bisogno di un capo o di un paio di scarpe; acquistare vestiti creati con tessuti sostenibili, rigenerati e con materiali di riciclo. Prediligere il second hand, e quindi l’usato.
- Piante. Coltivare erbe aromatiche in giardino o sul balcone non solo aiuta l’ambiente, ma può essere utile per insaporire i piatti. Inoltre, i fiori e le piante sono l’accessorio di arredamento più comune - un evergreen. Avvicinarsi al mondo “botanico” è interessante e utile per ridurre l’inquinamento domestico. Infatti, secondo uno studio pubblicato su Trends in Plant Science, il ruolo delle piante nella riduzione degli inquinanti indoor è fondamentale. Esistono anche specie che non richiedono troppe attenzioni, come le piante grasse.
Una delle maggiori apripista riguardo alla sostenibilità - sin dal 2016 - è stata Camilla Mendini, alias Carotilla. In effetti, è stata la prima green influencer italiana a parlarne sui social: dalla slow fashion all'economia circolare, dal green washing allo zero waste. Le sue challenge estremamente intuitive – #rifiutairifiuti, #5minshower, #1dress7days – hanno coinvolto tantissime persone, facendole avvicinare al tema della sostenibilità. Ormai è un punto di riferimento per molti: il suo profilo Instagram conta 89,5 mila follower, mentre gli iscritti al suo canale YouTube sono 63.200. Nel 2018, ha lanciato il suo marchio di abbigliamento sostenibile ed etico, Amorilla. È stata inserita due volte nella classifica "Top Green Influencers" - nel 2019 e nel 2020 -, e ha pubblicato il libro (Im)perfetto sostenibile. Gesti quotidiani per una sostenibilità alla portata di tutti (Fabbri Editori, 2021). Per comprendere il senso profondo della sostenibilità, abbiamo fatto due chiacchiere con lei.
Screenshot del profilo Instagram di @Carotilla
Ciao Carotilla. Nel titolo del tuo libro compare l’affermazione “(Im)perfetto sostenibile”. Cosa significa per te e come riassumeresti questo tuo pensiero?
«Imperfetto sostenibile è un concetto che si è generato nel tempo. Parlando di sostenibilità e cercando di vivere una vita sostenibile, io stessa ho iniziato a sentire una certa "ansia da prestazione", vorresti fare di più e ti sembra di non fare mai abbastanza. Ma questo è un sentimento sbagliato, perchè l'importanza della sostenibilità non sta nella perfezione del singolo, in quanto non è il singolo che cambia il mondo con le sue scelte. La soluzione più giusta è cercare di coinvolgere più persone possibili perchè l'impegno costante di un esercito di persone non perfette crea la differenza. Come scrivo nell'incipit del libro, noi singoli cittadini possiamo impegnarci, ma l'impatto delle persone è sempre meno rispetto all'impatto di un'azienda, di un'industria, dei governi. Perciò il nostro potere è quello di compiere scelte politiche che abbiano l'obiettivo di salvaguardare l'ambiente. Inoltre, non bisogna sentirsi in colpa, la sostenibilità è un percorso lungo, personalizzato e deve nascere nelle cose che si sentono più vicine ai propri interessi. L'importante è partire. Questa è l'imperfezione, tutti possiamo impegnarci un minimo e fare la differenza».
Come sostieni molte volte, la maggior parte delle persone non si avvicina a questi temi - e in generale alla sostenibilità - perché sembrano distanti. Seguendo il tuo profilo e il tuo blog, l’approccio sostenibile e consapevole sembra essere alla portata di tutti. È davvero così?
«Io sono molto ottimista quando parlo di sostenibilità, ma molto spesso la narrazione dei media, tragica e drammatica, fa paura e mette angoscia agli individui. Nei miei reel su Instagram "Vlog 2050" ho cercato di portare all'esasperazione questo concetto; sono state le uniche volte in cui ho utilizzato questo stile comunicativo in quanto preferisco trattare la sostenibilità con più ottimismo e allegria. Infatti, la sostenibilità è un futuro di prosperità perchè crea possibilità economiche, di lavoro ed è l'unico futuro che può portarci a delle azioni concrete. Perciò, io vorrei coinvolgere le persone più con il sorriso e l'ottimismo che impaurendole, facendo capire loro che sostenibilità non è qualcosa di distante, ma che ci coinvolge tutti e diverte. E' un'opportunità da cogliere. Inoltre, il falso mito della sostenibilità costosa, va estirpato perchè la sostenibilità vera è trasversale. Per esempio, nel caso della sostenibilità domestica si risparmia attraverso la pianificazione (si compra di meno, si compra solo quando serve, si risparmiano energia e acqua)».
Essendo una graphic designer, parli molto dei “costi” della fast fashion e della moda low cost. Oggi, oltre ai marchi tradizionali, se ne sono aggiunti molti ancora più “pericolosi”, che spingono i consumatori ad acquistare capi a prezzi bassissimi, senza ragionare sull’impatto che hanno queste scelte. I consumatori, nella maggior parte dei casi, sono giovani. Com’è possibile sensibilizzarli rispetto alla sostenibilità della moda?
«Sì, continuano a esistere nella moda, come negli altri settori, sempre più marchi con una parte cheap e fast in cui ci sono stati dei tagli sia dal punto di vista dei lavoratori che della qualità e delle materie prime che faranno sempre gola a un certo tipo di popolazione. La soluzione è che ci siano delle leggi che non permettano lo sfruttamento dei lavoratori – in Cina, Bangladesh, India e anche in Italia tutt'ora ci sono dei casi di schiavitù e sfruttamento molto gravi – in modo che una volta che il prodotto arriva sul mercato ha già una base sostenibile e il consumatore dovrà compiere una scelta più facile. E' comprensibile che i giovani, gli adolescenti vogliano risparmiare, ma ritorna il concetto di cambio di mentalità; organizzare meglio quello che si vuole comprare, capire cosa durerà di più e fare un investimento a lungo termine è la chiave. Oppure, si può optare per l'usato, nel caso si voglia continuare a comprare molti capi. Se una persona non riesce a fare a meno del fast fashion, potrà migliorare altri aspetti della sua vita rendendoli sostenibili. In questo modo si "completerà" con un altro individuo, anch'esso imperfetto, che invece ha scelto di puntare sulla sostenibilità della moda. Compensarsi a vicenda e nei vari ambiti, è questa la visione allargata e realistica del futuro della sostenibilità».
A volte ci si sofferma sull’impatto dei rifiuti, dei trasporti o dei consumi energetici, senza invece dare importanza all’alimentazione. Credi che abbia un ruolo importante nella sostenibilità?
«L'alimentazione è sicuramente uno dei primi ambiti, l'industria agroalimentare è una delle più impattanti a livello ambientale. La dieta vegana è la scelta migliore dal punto di vista sostenibile, come recitavo in una puntata del Vlog 2050 – in cui i governi avevano costretto i cittadini a diventare vegani ma i potenti, i più ricchi si dividevano gli ultimi pesci rimasti tra di loro – in generale, ci sarà un momento in cui tutti saremmo chiamati a ridurre carne e pesce, per chi li consuma, o comunque ad abituarci a mangiare più vegetale. La scelta alimentare è molto importante in quanto è legata in maniera trasversale a tanti aspetti – la deforestazione, il consumo di acqua, solo per citarne alcuni– perciò ha un impatto troppo alto per non essere considerata».
Attualmente ti trovi in Florida. Vivendo in America da alcuni anni, hai notato differenze con le scelte sostenibili adottate rispetto all’Italia?
«Sì, noto molte differenze sia tra America e Italia che tra Florida e New York. Penso che gli italiani siano più attenti alla qualità e in Europa sono presenti leggi sul riciclo molto più avanzate rispetto all'America; perciò, in Europa in generale sono più avanti a livello di regolamentazioni ambientali rispetto all'America. Dall'altra parte in America ci sono molte più start up, più innovazione quindi molti prodotti e marchi sostenibili nascono qui, ma magari hanno una qualità diversa rispetto ai prodotti italiani o europei. Inoltre, tra Florida e New York ci sono molte differenze, è sbagliato generalizzare perchè ogni Stato ha le sue regole. In Florida, per esempio, sembra di essere fermi agli anni '80, anche solo a livello di riciclo».
È dal 2016 - ormai più di 6 anni - “che parli di sostenibilità”, come recita la tua bio di Instagram. Pensi che ad oggi sia avvenuto un cambiamento in questo ambito? C'è un’attenzione maggiore rispetto a questi temi?
«Sì, c'è tantissima differenza. Quando sono partita in Italia nessuno ne parlava sui social media, se nominavo la parola "sostenibilità" alcuni non sapevano neanche il significato; non c'erano documentari e i pochi libri erano in lingua inglese e, per fortuna, vivendo in America avevo un accesso facilitato che mi consentiva poi di parlare al pubblico in italiano. Oggi c'è molta più coscienza, la sostenibilità è diventata un trend. Se da una parte è qualcosa di positivo, dall'altra il fatto che tutti ne vogliano parlare può essere pericoloso perchè si può fare grenwashing senza saperlo. Perciò, in un certo senso attualmente è ancora più difficile e complicato parlarne. E' bello però vedere che la comunità interessata alla sostenibilità sta aumentando. Tutto è cambiato, c'è molto fermento e, da profonda ottimista, sono molto felice e spero che sia qualcosa che investirà sempre più persone. Una volta compreso che il cambiamento è risulta essere facile diventare individui sostenibili».
(Forse) l’unica bolognese che non mangia ragù e tortellini. Vegana per ragioni etiche e ambientali. Mi piace cucinare sano, camminare e nuotare in piscina. Resto ferma solo al cinema o davanti a uno Spritz. Nel sangue e nel cuore la Calabria (papà) e la Sardegna (mamma). Could you be loved di Bob Marley è il mio mantra. Qui racconto la realtà come riflesso di uno sguardo critico.