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Come si comportano le multinazionali del cibo?
10 maggio 2022

Come si comportano le multinazionali del cibo?

Il 70% del mercato alimentare mondiale è controllato da dieci multinazionali che si ingrandiscono assorbendo gli altri marchi e accrescendo i loro fatturati miliardari.

La nutrizione umana è nelle mani di pochi. Per colpa delle multinazionali, inoltre, non mancano gli scandali e le frodi.

Le Dieci Grandi Sorelle (e non solo)

Nestlé: Nel 2021 ha fatturato circa 83 miliardi di euro. Le aziende e le tipologie di alimenti che controlla sono tante. Ci sono i tè Nestea e Beltè; i caffè Nescafé e Nespresso le acque minerali Panna, Vera, Levissima, San Pellegrino, Perrier e Vittel; i cereali Nesquik, Chocapic, Crunch e Fitness; i cioccolati Lion, Perugina, Smarties, KitKat e Galak; le salse e i surgelati Buitoni; gli yogurt Fruttolo e LC1; l’orzo Orzoro, le caramelle Polo, gli insaporitori Maggi e i prodotti vegetali Garden Gourmet. La divisione del freddo appartiene alla Froneri - joint venture nata nel 2016 -, che unisce la R&R Ice Cream e la Nestlé. Tra i marchi che detiene la Froneri ci sono Motta, Antica Gelateria Del Corso, Haagen-Dazs e Nuii. 

PepsiCo: nel 2020 ha fatturato circa 70 miliardi di dollari. La PepsiCo controlla la gassosa 7Up, l’isotonico Gatorade, le patatine Lays e i cereali Quaker

Unilever: nel 2020 ha fatturato circa 50 miliardi di euro. Nel suo bouquet di marchi ci sono i gelati Algida e Grom, l’olio Bertolli, le salse Calvé, Amora, Maille e Hellmann’s; il tè Lipton, gli insaporitori Knorr, le margarine Gradina e Foglia d’Oro; la panna Creme Cuisine e gli alimenti dietetici Slim Fast. Nel suo universo si trovano anche importanti marchi dedicati alla pulizia, come i detersivi Coccolino, Cif, Lysoform e Svelto; e i prodotti per l’igiene personale come Badedas, Mentadent, Dove, Clear, Rexona, Axe, Fissan, Sunsilk e New Dimension.

Coca Cola: nel 2021 ha fatturato circa 39 miliardi di dollari. Tra le bevande di sua proprietà troviamo l’aranciata Fanta, la gassosa Sprite, l’acqua Lilia, gli isotonici Powerade e Aquarius; il tè Fuzetea, le acque toniche Schweppes e Kinley, le bibite vegetali Adez, i succhi di frutta Minute Maid e l’energy drink Burn.

Mars Inc.: nel 2019 ha fatturato circa 35 miliardi di euro. La multinazionale statunitense ha nel suo bouquet di marchi alimentari i cioccolati Twix, Snickers, Bounty, M&M’s, Milky Way e Treets; il riso Uncle Ben’s e i chewing-gum Orbit.

Mondelez: nel 2021 ha fatturato circa 29 miliardi di dollari. Nel suo universo d’aziende fanno parte gli snack Cipster, Fonzies, Mikado, Oreo, Ritz e Yonkers; i formaggi Osella, Philadelphia e Sottilette; i caffè Hag e Splendid, le caramelle Halls, i cioccolati Milka e Toblerone e l’acqua Vitasnella.

Danone: nel 2020 ha fatturato circa 23 miliardi di euro. Tra i marchi di sua proprietà troviamo gli yogurt Activia, Danette, Actimel, Danacol e Alpro; l’acqua Evian e gli alimenti per l’infanzia Mellin, Milupa e Aptamil.

General Mills: nel 2021 ha fatturato circa 18 miliardi di dollari. Tra le aziende di sua proprietà troviamo i cereali Cherrios, i kit per dolci Betty Crocker, le basi surgelate Jus-Rol, gli yogurt Yoplait e i cibi etnici Old El Paso.

Associated British Food: nel 2020 ha fatturato circa 14 miliardi di sterline. Questa multinazionale controlla marchi come il tè Twinings e la bevanda Ovomaltina.

Kellogg’s: nel 2020 ha fatturato circa 14 miliardi di dollari. Tra i prodotti presenti al suo interno sono presenti gli All-Bran, i Choco Krave, i Coco Pops, il Crunch, i Frosties, i Miel Pops, i Nutri-Grain, i Rice Krispies, lo Special K e le patatine Pringles.

Non esistono solo le Dieci Grandi Sorelle. Lactalis è il secondo gruppo lattiero-caseario al mondo, con marchi come Parmalat, Galbani, Locatelli, Invernizzi e President. Nel 2019 ha fatturato quasi 20 miliardi di euro.

Altra multinazionale rilevante è la spagnola GBfoods, proprietaria di numerosi marchi locali, tra cui Liebig, Star e Grand’Italia. Nel 2020 ha fatturato circa 1,3 miliardi di euro.

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Nestlè è la multinazionale dell'alimentazione più performante, con un fatturato che supera gli 80 miliardi di euro.

Come si comportano queste multinazionali?

La concorrenza tra questi grandi gruppi spesso genera dei comportamenti non propriamente etici. Risulta preoccupante la bassa considerazione che queste multinazionali hanno delle politiche legate alla gestione agraria, dei diritti dei lavoratori e della gestione dell’acqua. I numerosi scandali riguardo gli atteggiamenti che questi grandi imperi alimentari hanno riguardo a tematiche ambientali o salutistiche non fanno altro che gettare benzina sul fuoco. 

La Nestlé è da decenni nell’occhio del ciclone per una serie di condotte irregolari. La più recente riguarda le pizze surgelate della Buitoni, che avrebbero causato delle intossicazioni alimentari - di cui due, in Francia, risultate letali per due bambini, dovute al batterio Escherichia Coli. Anche la fabbrica in cui si realizzavano queste pizze è stata accusata di gravi anomalie e pochissima igiene, al punto che la prefettura, al suo interno, avrebbe notato pure dei topi. L’ispettorato del lavoro ha chiuso questo stabilimento, che verrà riaperto quando saranno rispettate tutte le norme sanitarie prescritte dalla legge. 

Negli anni precedenti, la multinazionale svizzera ha collezionato altri scandali, come le campagne marketing per promuovere il latte in polvere nei paesi più poveri scoraggiando le madri all’allattamento al seno, i cibi OGM spacciati per no OGM, lo sfruttamento dei pescatori della Thailandia per la produzione del cibo per gatti, le deforestazioni. E la lista potrebbe essere ancora più lunga.

Nel 2021, il Financial Times ha pubblicato un documento interno della Nestlé in cui si dichiarava che solo il 37% dei loro prodotti sarebbe salutare. Molti dei loro alimenti, infatti, contengono grandi quantità di zucchero e sale. Sempre la Nestlé, assieme ad altre multinazionali come Mars o Mondelez, è stata accusata di aver fatto lavorare gratis dei bambini per raccogliere il cacao in Africa.

Anche le altre multinazionali non sono esenti da atteggiamenti privi di morale. Ecco una lista che include i casi più emblematici.

Nel 2013, l’Associated British Food è stata accusata di utilizzare delle strategie economiche per privare lo Zambia - importante produttore di zucchero - delle entrate legate al commercio di questo ingrediente.

Nel 2016 si è scoperto che Pepsi e Coca-Cola sponsorizzavano numerose associazioni sanitarie in maniera tale da rendere positivi i risultati dei test e degli esami legati al rapporto tra obesità e bevande zuccherate. Sempre nel 2016, Unilever, Nestlé e Kellogg’s e altre sono state accusate di utilizzare l’olio di palma violando i diritti umani dei bimbi indonesiani. Secondo Amnesty International, queste grandi aziende sfruttavano lavoratori anche minorenni per la raccolta dell’olio di palma, anche se dicevano ai consumatori che quell’olio proveniva da fonti sostenibili.

Altro scandalo alimentare del 2016 fu quello che colpì la Mars. La multinazionale degli snack al cioccolato fu costretta a ritirare delle barrette in oltre 50 paesi a causa della presenza di plastica nei loro dolciumi.

Nel 2017, un lotto di latte in polvere della Lactalis venne fermato perché i prodotti erano contaminanti dalla salmonella. Ma solo dopo aver intossicato una cinquantina di neonati francesi e greci. Nel 2019, sempre la Lactalis è stata condannata per aver gettato rifiuti nocivi in un fiume francese. 

Nel 2020, Danone e Nestlé sono entrate nell’occhio del ciclone perché negli imballaggi in cartone in cui erano contenute le confezioni di latte in polvere, comprese quelle che contenevano alimenti biologici, sono state trovate tracce d'idrocarburi. Ben il 43% degli alimenti contenevano idrocarburi aromatici, pericolosi per la salute dell’uomo.

Sempre nello stesso anno, la rivista tedesca Öko Test ha analizzato cinquanta tipi di cereali per la colazione presenti in commercio. Tra i peggiori c’erano i Kellogg’s Special K e i Nestlé Fitness, le cui analisi hanno dimostrato la presenza di una grande percentuale di acrilamide, un composto cancerogeno pericoloso per la salute.

Nel 2021, l’antitrust Ue ha cominciato delle indagini su presunte attività irregolari della Mondelez legate al commercio transfrontaliero. Secondo l’accusa, la multinazionale statunitense avrebbe attuato delle manovre per ostacolare la concorrenza in ambito commerciale in Europa.

Altra problematica è legata alle “amicizie” che queste multinazionali hanno con governi, istituzioni, associazioni e lobby. Il beneficio di questi legami è quello di avere regolamentazioni favorevoli per i loro imperi alimentari, oppure per avere certificazioni positive legate all’uso d'ingredienti critici. Questo fattore mette in risalto la poca trasparenza che queste industrie hanno nei confronti dei loro acquirenti. L’organizzazione Feed the Truth ha stilato una classifica che rapporta il grado di trasparenza con alcuni grandi imperi del cibo, ovvero tre multinazionali che si occupano di materie prime (ADM, Bunge e Cargill), cinque delle Dieci Grandi Sorelle (Coca-Cola, Mars, Nestlé, PepsiCo e Unilever) e due imperi della carne (Jbs e Tyson Foods). I risultati finali sono sconcertanti: nessuna azienda ha ottenuto la sufficienza, e i gradi di trasparenza in ambito politico e d'investimento in ricerca scientifica sono stati giudicati bassissimi.

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La classifica stilata da Feed the Truth inerente alla trasparenza delle multinazionali del cibo.

La situazione in Italia

Nel Belpaese non si raggiungono i numeri giganteschi delle multinazionali citate in precedenza, però anche qui ci sono importanti gruppi alimentari famosi a livello planetario.

Il primo posto tra i colossi dell’alimentazione spetta al gruppo Ferrero, con un fatturato di circa 11 miliardi di euro registrato nel 2020. Il colosso d’Alba realizza prodotti entrati nell’immaginario collettivo degli italiani, come la crema spalmabile Nutella; i cioccolatini Mon Cheri, Pocket Coffee, Ferrero Rocher e Raffaello; gli snack Tronky, Duplo, Kinder Cereali, Kinder Sorpresa e Kinder Bueno; le merendine Kinder Brioss, Kinder Colazione Più, Fiesta, Kinder Fetta al Latte, Kinder Pinguì e Nutella Biscuits; le caramelle Tic-tac e il tè Estathè.

Poi troviamo il gruppo Barilla, con un fatturato di circa 3,9 miliardi di euro nel 2020. L’azienda parmense è proprietaria di diversi marchi, come i biscotti Mulino Bianco e Gran Cereale; la pasta Voiello; gli alimenti Pavesi. Distribuisce in Italia le fette integrali svedesi Wasa.

Al terzo posto troviamo il leader del settore delle carni bovine e della ristorazione Cremonini, che nel 2020 ha realizzato un fatturato di circa 3,4 miliardi di euro. È proprietario dei marchi di carne in gelatina Montana e Manzotin e dei salumi Ibis. Inoltre, gestisce e controlla la distribuzione alimentare di alcuni ospedali, di una decina di aeroporti, di diverse aree di ristoro situate nelle autostrade e di alcune stazioni sparse in tutta Europa. Infine, è responsabile della ristorazione di alcune compagnie ferroviarie estere.

La Bolton Group, invece, è una multinazionale italiana nata alla fine degli anni ’70. Nel 2020 ha fatturato 2,8 miliardi di euro. Nel suo bouquet di marchi alimentari troviamo le aziende dedicate al tonno Palmera e Rio Mare e la carne in gelatina Simmenthal. Del gruppo Bolton fanno parte anche i prodotti per la pulizia Omino Bianco, Wc Net, Smac, Tot, Vetril, Last, Argentil; i prodotti per l’igiene personale e la bellezza come Neutro Roberts, Borotalco, Chilly, Bilboa, Somatoline e Collistar; le colle UHU, Bostik e Vinavil.

Tra le altre aziende italiane troviamo Lavazza, con un fatturato di 2,1 miliardi nel 2020, che è l’azienda che ha fatto conoscere il caffè italiano in tutto il mondo. Poi c’è l’Amadori, che nel 2020 ha avuto un fatturato di circa 1,3 miliardi di euro. Propone numerosi prodotti di origine animale. Importante anche l’impero del latte della Granarolo, che nel 2020 ha fatturato quasi 1,3 miliardi di euro. Tra i marchi di sua proprietà troviamo gli yogurt Yomo, le mozzarelle Pettinicchio e il latte Amalattea.

Il gruppo Conserve Italia è un consorzio che crea succhi, sughi e confetture, che nel 2020 ha fatturato quasi 850 milioni di euro. Nel bouquet di marchi ci sono Valfrutta, Yoga, Cirio, Derby e Jolly Colombani. A seguire troviamo il gruppo Euricom, leader in Europa nella produzione e distribuzione dei risi, famosa per i marchi Curti e Flora - e anche perché fornisce il riso ad alcune grosse catene di supermercati come Coop e Carrefour. Nel 2020, la Euricom ha fatturato più di 650 milioni di euro. Infine, citiamo il gruppo Colussi, azienda che possiede i marchi Agnesi, Misura, Festaiola, Sapori e Ponte. Nel 2019 ha fatturato circa 210 milioni di euro. 

Ci sono tante altre realtà aziendali italiane che hanno nei loro gruppi marchi importanti. Una di queste è la Newlat-Food, nata nel 2004 a Reggio Emilia, che possiede le ditte latterio-casearie Giglio, Polenghi, Optimus e Ala Zignago e le paste Delverde e Corticella. Altro importante gruppo è la Vicenzi, che, dopo il crac della Parmalat, ha acquisito i marchi di dolciumi Mr. Day e Grisbi.

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Ferrero è la multinazionale italiana più nota al mondo.

Anche in Italia, poi, non mancano le problematiche e gli scandali. La Ferrero, in questo periodo, deve fare i conti con i casi di salmonella riscontrati in Belgio in diversi prodotti della Kinder. Ferrero ha ammesso che era a conoscenza della contaminazione da metà dicembre. Nel 2019, invece, da un report della BBC, emerse che la multinazionale di Alba sfruttava il lavoro minorile in Turchia per la raccolta delle nocciole. 

Amadori, invece, nel 2016 finì nel mirino di Report, che mostrò le immagini degli allevamenti suini dell’azienda. Gli animali erano stipati in gabbie minuscole, senza riuscire a muoversi, in condizioni igienico-sanitarie davvero pessime. Dopo l’inchiesta, nel 2020 l’azienda è stata condannata per il reato di uccisione e maltrattamento di animali - e anche per abbandono.

Un ultimo caso è quello del 2021, in cui rimase coinvolta l’azienda dei sughi Petti. Secondo gli inquirenti, il caso Petti rappresenta la più grande frode alimentare italiana: vennero sequestrati quasi 4.500 tonnellate di passata di pomodoro, per un valore di 3 milioni di euro. Nelle etichette di questi sughi si faceva leva sulla qualità dei pomodori usati, provenienti solamente dalla Toscana. In realtà, gli ortaggi venivano mischiati con pomodori provenienti dall’estero.

Come difendersi?

Per le multinazionali del cibo la questione fondamentale è quella di far quadrare i conti e di pagare celermente tutti gli azionisti. L’unico interesse di questi grossi imperi è di tipo finanziario, e la loro linfa vitale è quel segno più vicino ai numeri legati al fatturato e agli utili. Accrescere ed espandersi sono le parole d’oro delle multinazionali alimentari. I consumatori, le aziende a conduzione familiare e l’ambiente sono solo degli ostacoli facilmente aggirabili nel percorso d’arricchimento dei colossi del cibo. Quest’ampia panoramica, infatti, dimostra quanto le multinazionali e i grandi marchi dell’alimentazione siano poco attenti alla salute degli animali, della natura e dell’uomo.

Spesso alimenti definiti naturali e sicuri presentano sostanze chimiche e contaminazioni in tutte le fasce di produzione, dalla coltivazione sino all’inscatolamento. Anche tutto ciò che ruota attorno a questi alimenti è trattato nelle stesse condizioni: lavoratori sottopagati, stabilimenti fatiscenti e trasporti inquinanti. L’unica arma per difenderci da tutto questo è la consapevolezza. Un buon consiglio può essere quello di leggere attentamente le etichette dei prodotti, in maniera da fare una spesa consapevole in grado di rispettare sia noi stessi che tutti gli altri.

Raffaele Pitzalis

Raffaele Pitzalis

Il mio accento sardo mi precede. Conosco fin troppo bene gli oggetti e gli eventi mediatici antecedenti al 2000. Le mie passioni? Automobili d'epoca, gastronomia, televisione e riviste del passato. Disegno fumetti (Car Crash Fumetti sono io) e fotografo auto per strada. Non ho un abbonamento Netflix però conosco quasi a memoria tutte le puntate de Il Commissario Rex e di Squadra Speciale Cobra 11.

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