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Quel bisogno di realtà. Come BeReal e TikTok Now si apprestano a cambiare gli schemi
30 novembre 2022

Quel bisogno di realtà. Come BeReal e TikTok Now si apprestano a cambiare gli schemi

Si sente spesso parlare di BeReal, ma quasi mai di TikTok Now. Probabilmente perché le due applicazioni hanno così tanti punti in comune da non essere prese in considerazione contemporaneamente.

Prima di addentrarci nel mondo di questi due prodotti, è doveroso ricordare che, mentre BeReal è un progetto indipendente francese, TikTok Now è un'appendice del colosso cinese nato nel 2016 con il nome di Musical.ly e con un attuale fatturato annuo di 990,5 milioni di dollari. Entrando più nello specifico, le due app si presentano con un funzionamento molto simile: entrambe promuovono l'istantaneità e la realtà rispetto all’artificiosità presente sugli altri social. È per questo motivo che la pubblicazione dei contenuti è subordinata a un timer di 3 minuti, che scatta all'improvviso, invitando gli utenti con una notifica a condividere le proprie foto in quel momento. Questa dinamica accattivante, che strizza l’occhio soprattutto alla Gen Z - satura degli schemi Millennial -, rendono Real e TikTok Now assolute novità.

Perché proprio adesso?

La logica dietro a queste applicazioni, e che le rende così essenziali per i consumatori, è la promessa di una ridotta quantità di stress causata dalla cosiddetta "società della performance". Se i social come Instagram presentano uno studio particolare nei confronti del proprio feed e dei propri contenuti, BeReal non lo fa, dato che l'estemporaneità non consente una pianificazione. Le aziende creatrici di queste app innovative hanno individuato nun bisogno, e cercano di sfruttarlo in modo più o meno remunerativo. La promessa alla base è quella di alleggerire la pressione esercitata dalla società sull’individuo. Nel 2022, infatti, è stato riscontrato un singificativo aumento delle malattie mentali e dei disturbi comportamentali, in parte riconducibile alla pandemia e in parte all’evoluzione della società.

La “società della performance” grava sulle teste di molti giovani, oppressi da qualcosa di cui non riescono a liberarsi. Questo qualcosa si concretizza nel dimostrare agli altri che si svolgono sempre attività interessanti. Da questo punto di vista, le vite degli influencer risultano inarrivabili e patinate, al punto da chiedersi se anche loro guardino Netflix sul divano tra un viaggio a Dubai e l’altro. Proprio in questo clima, BeReal e TikTok Now trovano terreno fertile per prosperare. Eppure, sebbene BeReal sia stata scaricata da 60 milioni di persone in America, viene utilizzata solo dal 9% di loro, a discapito del 29% di TikTok e del 39% di Instagram.

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L’idea di qualcosa legato alla realtà, probabilmente, crea una certa fascinazione nell’utenza - che, però, è ancora pericolosamente troppo legata al mondo artificioso e preconfezionato costruito dalle altre piattaforme. Ogni social parla un linguaggio proprio, ma alla fine non sono che dialetti diversi di un unica lingua: quello del capitalismo.

Il capitalismo crea schemi e stili comunicativi di cui gli influencer si fanno ambasciatori e veicoli, per indurre un senso di disagio e bisogno che un prodotto di consumo può soddisfare. Queste applicazioni sono dunque fuori dal sistema sopracitato, visto che invitano ad essere più “reali”? La risposta è no. Esattamente come altre piattaforme, anche queste ultime tentano di vendere un’idea, che per quanto diversa e in controtendenza rimane pur sempre in vendita, e volta ad accaparrarsi una fetta di mercato.

Una delle realtà

Sia BeReal che TikTok Now vendono un’idea di realtà piuttosto bene, invitando utenti comuni a condividere le loro foto poco interessanti, anche con sconosciuti. La condizione indispensabile per vedere le foto pubblicate dagli altri contatti è pubblicarne una a propria volta.

Ma i panni sporchi si lavano in famiglia. Tendenzialmente, infatti, la Gen Z è più propensa a mostrarsi in lacrime, a sensibilizzare sulle malattie mentali o sui disturbi del comportamento alimentare rispetto alle generazioni passate. Tuttavia, questa non è una garanzia di realtà, ma solamente una delle sue forme. Per quanto ci si sforzi di comunicare in modo veritiero con foto non sempre perfette, a fuoco o in posa, bisogna considerare che si tratta comunque di momenti selezionati della vita che si intendono mostrare. La realtà non ha selezioni o filtri: quando parliamo di realtà non ci riferiamo mai a quella oggettiva; piuttosto, a quella che ognuno di noi (si) costruisce. Non sono cose che succedono per caso: si costruiscono attraverso le azioni quotidiane, la lingua, il corpo, la narrazione di chi siamo e di dove stiamo andando.

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Quello che viene mostrato in modo estemporaneo in un frame o in pochi minuti di video è una porzione di qualcosa che è stato costruito e che vive nel tempo di quei 3 minuti, nei quali devi affrettarti a pubblicare. Quanta realtà può esserci nell’illusione di quest’ultima e nel filtro di un'app che non è uno spazio neutro?

Al netto delle libertà individuali, le piattaforme social sono spazi privati costruiti da aziende che vogliono vendere beni e servizi attraverso le interazioni quotidiane degli utenti. Mostrare una porzione di torta non è come mostrarla tutta: chi la guarda dovrà comunque fare uno sforzo di interpretazione, pur condividendo il bacino di conoscenze e significati di cui ognuno di noi è dotato. La foto di una persona sorridente con i suoi regali di compleanno, per esempio, potrebbe essere una persona che li ha ricevuti per il tempo che i genitori non passano con lei. Questi registri si sovrappongono, e creano non pochi problemi nella mente del consumatore/utente.

Le idee in un circolo vizioso

Quando un’azienda sviluppa un’idea che risulta vincente nel mondo della comunicazione, le altre tentano di proporre la loro versione della stessa. È quanto accaduto con i reels di Instagram mutuati da TikTok, e che spesso sono proprio degli upload di video presenti su quest’ultima piattaforma, o con le storie che Meta ha “rubato” a Snapchat. Il risultato, quindi, è un mercato saturo delle stesse idee proposte da diverse aziende, che hanno partnership con altre aziende ancora per investire in pubblicità.

Eppure, ci sono delle differenze fra le varie app, sia di intenti che culturali - soprattutto fra chi detiene le quote aziendali più alte. Questo fenomeno riguarda anche l’ubicazione della sede legale di tali aziende: se TikTok si trova in Cina e, per legge, su potenziale richiesta del governo non può rifiutarsi di fornire i dati sensibili dei propri utenti, BeReal è sviluppata da un team francese composto dai due creatori, Alexis Barreyat e Kevin Perreau, e il resto dell’organico. Attualmente, però, l’app presenta diversi limiti legati alla sua funzione principale, e non è sviluppata in funzione di altre dinamiche che potenzialmente potrebbero essere aggiunte in futuro.

Così il cerchio si chiude: chi voleva sviluppare un'idea in controtendenza si adegua al resto del mercato, e questa stessa idea circola su altre piattaforme che la ottimizzano sulla base dei propri piani aziendali. Il fatturato viene tenuto sempre in considerazione a monte di qualsiasi progetto, anche per le piccole aziende o le realtà in via di sviluppo.

Cosa resta

Come in ogni cosa, è necessaria la consapevolezza e il senso della misura - la consapevolezza che queste app possano costituire tanto una risorsa di intrattenimento fine a se stesso quanto il motivo di ulteriori disagi. Tutto questo può dare inizio a pensieri ossessivi in merito al confronto con gli altri, instaurando nella dinamica del rapporto con l’alterità delle sfumature di people pleasing (la voglia patologica di piacere agli altri). Oppure, può essere un modo per alleggerire la tensione facendosi una risata.

Nel caso di TikTok Now parliamo di un’appendice di una azienda che dell’intrattenimento - talvolta discutibile e artificioso - fa la sua maggior fonte di guadagno. Il bombardamento al quale gli utenti vengono sottoposti ogni giorno, infatti, cambia lentamente il modo di rapportarsi agli altri e la sensibilità nei confronti di molte situazioni. E a poco servono le limitazioni e gli account privati sotto i 16 anni. Le responsabilità legali che le aziende rifiutano di prendersi non tutelano davvero la salute mentale dei minori.

Giulia Cerami

Giulia Cerami

Siciliana che sogna oltre i confini del mare. Guardo sempre le cose con un certo pessimismo, ecco forse perché mi interesso di tematiche ambientali e femminismi. Però niente paura, per bilanciare dipingo e l'arte cinematografica (del piccolo e grande schermo) ha un posto privilegiato nel mio cuore.

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