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Perchè le teorie del complotto hanno tanto successo?
26 febbraio 2022

Perchè le teorie del complotto hanno tanto successo?

Dalla Terra piatta ai vaccini che causano l’autismo, passando anche per le scie chimiche e il finto allunaggio del ’69. E poi Soros, il 5G, Bill Gates e QAnon. Le teorie del complotto sono ormai all’ordine del giorno. Ma cosa sono davvero? Come funzionano? E soprattutto: perché hanno tanto successo?

Una teoria del complotto è una teoria che riconduce un evento o un fenomeno a una presunta cospirazione di persone e organizzazioni malvagie, e spesso occulte, che servendosi di Governi, multinazionali e persone influenti – i famosi “poteri forti” – mirerebbero a controllare l’umanità per un tornaconto personale. Si tratta di teorie articolate e sconclusionate, che non seguono principi logici – a cominciare da quello di causa-effetto – e che, alimentate da pregiudizi e da un diffuso disturbo paranoide di personalità, mettono in discussione e ridicolizzano il senso comune e le verità comunemente accettate dall’opinione pubblica.

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Quanto sono diffuse le teorie del complotto?

Sebbene abbiano origini lontane – pensiamo ad esempio alla teoria del Nuovo ordine mondiale –, le teorie del complotto si sono imposte come fenomeno sociale e culturale solamente in anni recenti. Oggi investono praticamente ogni ambito della vita e della società, con conseguenze significative e potenzialmente pericolose – come dimostra quanto sta accadendo con la pandemia da Covid-19.

Inoltre, coinvolgono un numero sempre più ampio di persone. E questo anche nel nostro Paese: secondo l’ultimo rapporto del Censis il 5,8% degli italiani crede che la Terra sia piatta, il 5,9% che il Covid non esista e il 10% che l’uomo non sia mai andato sulla Luna. Si tratta di gruppi che comprendono dai 3 ai 6 milioni di persone solamente in Italia: una minoranza, certo, ma non poi così esigua. Pochi, dunque, ma comunque troppi.

Come funzionano le teorie del complotto

Ogni teoria del complotto nasce da un fatto di interesse pubblico e si basa su ragionamenti intuitivi, che chiunque può facilmente comprendere, sostenuti però da spiegazioni e calcoli complessi che non tutti possono confutare. Inoltre si struttura attorno ad alcuni elementi portanti, immancabili in una teoria del complotto degna di questo nome. Il primo è la presenza di un presunto genio maligno, un grande e onnipotente burattinaio che orchestrerebbe e gestirebbe l’intero complotto. A seconda dei casi, si tratta di un singolo individuo (ad esempio Bill Gates) o di un gruppo di cospiratori (come i Big Pharma o gli Illuminati).

Un secondo elemento è un’ossessiva dietrologia che cerca, e soprattutto trova, in ogni cosa indizi, simboli e messaggi nascosti che confermano la teoria stessa. Nelle teorie del complotto, infatti, niente è lasciato al caso: tutto è collegato perché tutto è parte del complotto. Uno degli esiti più estremi di questo atteggiamento è il caso della banconota da 20 dollari: opportunamente piegata, crea un’immagine e una scritta che molti complottisti considerano una prova evidente di come gli attentati dell’11 settembre siano in realtà stati premeditati dagli stessi Stati Uniti.

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Secondo i complottisti, opportunamente piegata, la banconota da 20 dollari mostra le Torri Gemelle in fumo e il nome di Osama (Bin Laden)

Poco importa se il genio maligno di turno dovrebbe avere risorse ed esercitare un controllo sulla realtà che nessuno ha o può avere – secondo una delle teorie più diffuse, i Big Pharma starebbero corrompendo e controllando tutti i medici, i Governi e le Organizzazioni internazionali del mondo. E ancora meno importa che la presenza di indizi che svelano il complotto contraddice la presunta onnipotenza del genio maligno. D’altronde i complottisti non brillano certo per razionalismo e coerenza.

E poi hanno sempre la risposta pronta a qualsiasi obiezione: ci sono indizi che rivelano l’esistenza di un complotto? È perché i cospiratori vogliono farsi gioco degli oppressi, troppo ingenui e soggiogati per capire come stanno davvero le cose. E se talvolta qualcuno li coglie – solitamente il promotore della stessa teoria –, è perché è così geniale da scoprire il complotto e così magnanimo da rivelarlo alle povere masse inconsapevoli.

Ma veniamo alla domanda cruciale: perché queste teorie hanno tanto successo?

Per molte ragioni, in realtà, che non possono e non devono essere ridotte a semplice ignoranza o a mancanza di titoli di studio – considerando che già solo fra i No Vax ci sono anche numerosi laureati, accademici e ricercatori. Una spiegazione sintetica è che le teorie del complotto rispondono a bisogni ed emozioni tipici dell’essere umano e sfruttano gli errori di ragionamento propri del nostro cervello (i famosi bias cognitivi e le euristiche).

Una risposta più articolata – ma non certo completa – richiede invece di considerare diversi fattori. Il primo è la capacità di queste teorie di soddisfare uno dei sentimenti che da sempre guidano l’essere umano, ovvero la paura dell’ignoto. A questo si lega poi la nostra necessità di dare ordine e senso a una realtà estremamente caotica e complessa. Sia pur con tesi contorte e strampalate, le teorie del complotto offrono delle spiegazioni che soddisfano questa necessità. E per come siamo fatti, una teoria assurda e incoerente è comunque meglio di nessuna teoria. Questo aspetto è chiamato “effetto consolatorio”, ed è uno degli elementi che dà maggiore forza alle teorie del complotto.

Se poi consideriamo che i complottisti sono solitamente anche piuttosto paranoici – sono cioè convinti che ci siano persone che vogliano danneggiarli –, il successo di queste teorie è presto spiegato.

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Manifestazione di Terrapiattisti, Milano, 2019

Un altro motivo dietro il successo delle teorie del complotto è la loro capacità di rispondere al nostro desiderio di accettazione sociale. Ognuno di noi, infatti, anche il più introverso e asociale, trae piacere dall’essere ben visto e ben voluto dagli altri. Che sia un riconoscimento sancito da un premio o un like su Facebook non fa differenza: tutti cerchiamo l’approvazione degli altri e siamo appagati dall’ottenerla. Far parte di un gruppo che condivide idee e convinzioni, qualunque esse siano, soddisfa appieno questo desiderio. È anche per questo che molte persone si avvicinano alle tesi complottiste.

A ciò si aggiunge il senso di superiorità che deriva dal sentirsi parte di quella che è considerata un’élite speciale. Un’élite composta da quelle poche persone che hanno capito la Verità che i cospiratori vogliono nascondere alle masse di ingenui pecoroni vittime del complotto.

Il resto, poi, lo fa tutto il nostro cervello

Anche se non ci piace ammetterlo, il cervello non è una macchina perfetta. L’evoluzione, infatti, ci ha dotati di un cervello in grado di svolgere compiti estremamente complessi, ma che ha anche molti limiti intrinseci. Tra questi, il più incisivo nell’ambito delle teorie del complotto è la sua tendenza ad andare il più possibile a risparmio energetico. Questo spesso ci porta ad accontentarci di spiegazioni semplici e intuitive perché più immediate e meno impegnative da comprendere. Soltanto con l’allenamento, ossia con lo studio e l’esperienza, impariamo a ricorrere al pensiero critico e razionale, indispensabile per vivere con buon senso e consapevolezza, ma faticoso da utilizzare.

Questa tendenza del nostro cervello ad andare a risparmio energetico è all’origine di numerose distorsioni cognitive ed errori di ragionamento con cui conviviamo ogni giorno. Si tratta di scorciatoie che il cervello adotta per ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo. Il problema è che, se lasciate libere di agire, queste distorsioni inducono le persone a commettere errori, come considerare vere tesi totalmente irrazionali e infondate come le teorie del complotto.

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Tra le distorsioni cognitive che alimentano le tesi complottiste, la più famosa è sicuramente il bias di conferma. Si tratta della tendenza naturale che abbiamo a ricercare, selezionare e attribuire maggiore credibilità alle informazioni che confermano una nostra tesi o credenza. Questa distorsione è alimentata dalla presunzione di essere a priori dalla parte della ragione e induce a ignorare, o nel migliore dei casi a sminuire, le informazioni che contraddicono le nostre convinzioni. Difronte a questo tipo di informazioni, inoltre, i complottisti rincarano la dose affermando che chi le sostiene è a sua volta parte o vittima del complotto.

Il bias di conferma si lega anche al fenomeno delle echo chambers, le famose camere dell’eco in cui le idee e le informazioni di cui già siamo convinti si ripetono e si amplificano. Non lasciando spazio ad altre voci e al dissenso, le echo chambers non fanno che rafforzare ulteriormente le nostre credenze. Inoltre, polarizzano ed estremizzano il nostro pensiero, portandoci a distinguere nettamente un “noi” che ha sempre e comunque ragione da un “resto del mondo” che invece vive nella propria inconsapevolezza e ignoranza. Dato che la costruzione di queste camere dell’eco è esattamente ciò per cui gli algoritmi su cui si basano i social media sono progettati, non è difficile capire come mai negli ultimi anni il fenomeno delle teorie del complotto abbia raggiunto dimensioni preoccupanti.

E l’elenco potrebbe continuare a lungo

Ad esempio aggiungendo il bias di proporzionalità, che ci spinge a ritenere che un evento o un fenomeno clamoroso, di forte impatto e grandi dimensioni debba per forza avere alle spalle una spiegazione altrettanto grande e clamorosa. Questo bias trova anche un prezioso alleato nella convinzione, tipica dei complottisti, che nulla accade per caso, per pura coincidenza o semplice conseguenza di fenomeni legati da un rapporto di causa-effetto. Al contrario, nella loro prospettiva, ogni cosa fa sempre e necessariamente parte di un unico grande piano (malvagio). Questo accade perché, tendenzialmente, i complottisti non distinguono, per convenienza o semplice incapacità, tra causazione e correlazione.

C’è poi il cosiddetto backfire effect (effetto del ritorno di fiamma). Si tratta di un bias cognitivo che difronte a fatti e prove che smentiscono una nostra convinzione, invece di spingerci ad abbandonarla, la rafforza ulteriormente. Questa distorsione cognitiva è legata al bias di conferma e si regge anche sulla nostra difficoltà ad ammettere di avere torto o di esserci sbagliati. Nel caso delle teorie del complotto, inoltre, le prove che smentiscono la teoria sono solitamente considerate un prodotto creato appositamente dai cospiratori per nascondere la verità.

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Per non parlare poi della nostra tendenza ad attribuire autorevolezza e credibilità a qualsiasi opinione di una persona competente o che eccelle in un determinato ambito. L’aver vinto un Nobel per la Fisica, ad esempio, non rende di per sé una fonte autorevole quando si parla di vaccini; così come l’essere un campione sportivo non dà maggior credito a convinzioni che non sono supportate da fatti -emblematici in questo senso i casi di Kyrie Irving e Novak Djokovic. Bisogna sempre separare ciò che viene detto dalla persona che lo dice. Ma questo, anche senza essere complottisti, risulta spesso difficile.

E quindi?

Insomma, le ragioni dietro al successo delle teorie del complotto sono numerose e complesse. E vanno prese seriamente: non si possono classificare i complottisti come semplici esaltati o poveri ignoranti da abbandonare al loro destino. E questo non solo perché sono persone con cui conviviamo, che influiscono sugli eventi e sulla Storia tanto quanto noi; ma anche e soprattutto perché sono esattamente come noi.

Sostengono teorie che noi giudichiamo folli e strampalate? Vero. Ma lo fanno sulla base di meccanismi e bias cognitivi presenti anche nei nostri cervelli. Le consideriamo ignoranti e mentalmente chiuse? Di nuovo vero. Ma non siamo meno ignoranti di quanto crediamo siano loro se non consideriamo tutte le variabili e i processi coinvolti in un fenomeno tanto complesso. E siamo ugualmente ottusi e preda del bias di conferma quando ci rifiutiamo di dialogare con loro perché siamo convinti che noi abbiamo ragione e loro torto – anche se quasi sempre disponiamo di dati, ricerche e prove oggettivamente sufficienti per essere e ritenerci tali.

Perciò facciamo attenzione. Prendiamo il fenomeno seriamente e cerchiamo di capirlo davvero. Perché se è vero che non tutti sono complottisti, come direbbe Aton Ego di questi tempi, un complottista può celarsi in chiunque.

Giulia Battista

Giulia Battista

Umile umanista di Novara, cresciuta tra campi di basket e montagne di libri. Non dico mai no a una fetta di pizza e a una passeggiata tra amici. Leggo, guardo e ascolto tutto ciò che dà senso e ordine al (mio) mondo. Per lo stesso motivo, scrivo. Non amo le etichette, ma se dovessi sceglierne una per me sarebbe “pragmatica”.

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