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L'acqua scarseggia: colonialismo, consumi e sprechi
22 marzo 2022

L'acqua scarseggia: colonialismo, consumi e sprechi

In occasione della Giornata mondiale dell’acqua, istituita dall’ONU e celebrata ogni anno il 22 marzo, si vuole portare all’attenzione un problema che si fa sempre più urgente: la scarsità d’acqua.

Se è vero che le lotte per l'accaparramento dell'acqua sono sempre state problematiche, sia a livello ambientale che sociale, la scarsità di questa risorsa è diventata una questione quanto mai complessa. ⁠Gli umani hanno bisogno di acqua per mandare avanti la società e per sopravvivere. Inoltre, il fenomeno del water grabbing ha reso più drammatica la questione sulle risorse idriche: l’acqua, in alcuni paesi, inizia a diventare un bene privato legato al colonialismo.

Le acque

A livello globale, 3,2 miliardi di persone sono colpite dalla scarsità d'acqua, mentre 1,2 miliardi ne vengono colpite in maniera estrema. L'acqua è una risorsa sempre più scarsa: il 97,5% dell'acqua presente sul nostro pianeta è salata, e la quasi totalità della rimanente parte è costituita dai ghiacciai. La percentuale dei laghi e dei fiumi è molto bassa, così come quella delle falde acquifere e dell'acqua nell'atmosfera.

Mentre la popolazione continua ad aumentare, aumenta anche la richiesta d'acqua - che, però, non riesce a soddisfare l'incremento demografico. Secondo le ricerche dell'Istat, in Italia è possibile agire tempestivamente e sviluppare delle strategie di gestione delle risorse idriche proseguendo con i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell'ONU. 

In Italia, lo stress idrico è a una soglia medio alta, con più di 9 miliardi di metri cubi all'anno per l'uso di acqua potabile. Infatti, vengono utilizzate circa il 30-35% delle risorse rinnovabili, con un incremento del 6% ogni 10 anni. La siccità e l'inquinamento creano peggioramenti nella qualità e nell'erogazione dell'acqua attraverso le infrastrutture, che per funzionare al meglio dovrebbero essere rinnovate. Per contrastare i problemi legati alla siccità bisognerebbe riutilizzare le acque reflue, riducendo le dispersioni e le interconnessioni tra gli acquedotti. Infatti, la vetustà delle infrastrutture in Italia causa gravi perdite di rete, superiori al 42%, mentre il 60% di queste è stato messo in posa oltre 30 anni fa. Il 25% supera i 50 anni.

Secondo quanto riportato dall'Istat, il servizio idrico italiano risulta soddisfacente per 9 famiglie su 10, ad esclusione di Calabria, SiciliaSardegna. Qui, il livello di soddisfazione è decisamente più basso, e questo a causa delle interruzioni del servizio e della scarsa quantità di risorse erogabili. 

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Nel 2020, il 28,4% delle famiglie ha espresso poca fiducia nel bere acqua di rubinetto. Sebbene l’indicatore sia diminuito progressivamente nel tempo (nel 2002 era al 40,1%), permangono ancora notevoli differenze territoriali: il Nord-est è al 20,5%; nelle isole si raggiunge il 49%. Le percentuali più elevate sono - ancora una volta - in Sicilia (49,9%), Sardegna (46,6%) e Calabria (41,4%).

Cambiamento climatico e crisi idrica

Secondo i dati Istat, c'è stato un significativo e costante incremento della preoccupazione per i cambiamenti climatici e l'effetto serra. Gli episodi di estrema gravità meteo-climatica, con conseguenti effetti sul dissesto idrogeologico e sulla disponibilità dell'acqua, sono aumentati: dal 63,3% nel 2012 al 70,3% nel 2020. 

I cambiamenti climatici preoccupano il 72,2% degli abitanti del Nord Italia, il 70,8% di quelli del Centro e il 67,5% degli abitanti del Sud.

Il cambiamento climatico aumenta la variabilità del ciclo dell'acqua, inducendo eventi meteorologici che rendono spesso questa risorsa non reperibile, scarsa o inquinata. Al ridursi della reperibilità e della disponibilità dell'acqua, quindi, vengono conseguentemente minacciati sia lo sviluppo sostenibile dell'uomo, sia la biodiversità in tutto il mondo. 

L'Italia è il paese che, in Europa, preleva più acqua potabile - 34,2 miliardi di metri cubi, di cui 9,4 per uso civile e domestico. 

I ghiacciai si riducono progressivamente ogni anno, portando alla riduzione di quelli che erano i nostri serbatoi d'acqua e le nostre forniture per la primavera. Molti ghiacciai si sono praticamente estinti, e altri scompariranno nel corso di 50-100 anni.

Quanta acqua consumiamo?

Ogni giorno, in media, in Italia consumiamo 215 litri di acqua a testa. Nonostante possa sembrare un numero molto alto, riflette soltanto la quantità di azioni quotidiane che svolgiamo e che necessitano di acqua. Basti pensare che una vasca da bagno può contenere dai 100 ai 160 litri, mentre una doccia di 5 minuti ne consuma circa 90. Rispetto a quello che si può pensare, la lavastoviglie consuma meno del lavaggio de piatti a mano; quest'ultima operazione, infatti, richiede circa 40 litri di acqua per i piatti di una persona.

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Nonostante il consumo di acqua in bottiglia metta in circolazione una grossa quantità di plastica, al Sud c'è ancora poca fiducia nei confronti dell'acqua del rubinetto. Il consumo di quest’ultima, infatti, è aumentato, ma non al sud e nelle isole - dove il 28% delle famiglie non fa uso dell’acqua del rubinetto neppure per cucinare. 

Nonostante una progressiva riduzione dell'uso di acqua in bottiglia, l'Italia rimane il paese europeo che ne consuma di più. In media, vengono consumati 200 litri all'anno - contro i 118 di tutti gli altri paesi dell'Unione Europea. Questo comporta una quantità maggiore di rifiuti e una spesa ambientale maggiore. 

All’inizio del 2019, nove capoluoghi di provincia e città metropolitane del Sud sono dovuti ricorrere a misure di razionamento e distribuzione dell'acqua attraverso la riduzione o sospensione dell'erogazione. Questo ha causato un'insoddisfazione più alta rispetto all'anno precedente, in cui i comuni interessati al razionamento erano di meno. Le cause di questa misura emergenziale non sono legate soltanto alla scarsa disponibilità di risorse, ma anche all'obsolescenza delle infrastrutture e ai problemi legati alla qualità dell'acqua

Il water grabbing e la contaminazione delle acque

Il water grabbing è un accaparramento dell'acqua da parte di qualcuno che è nella condizione di prendere il controllo o deviare a proprio vantaggio le risorse idriche di una nazione. In questo modo, l'acqua si trasforma in un bene privato controllato da chi detiene il potere. La privatizzazione dell'acqua è uno dei processi più diffusi di violazione dei diritti umani e sociali, e di appropriazione e deturpamento delle risorse idriche naturali. 

Un altro problema molto grave è il consumo delle acque nel settore della produzione alimentare. Infatti, l’84% dei terreni coltivati utilizza acqua dolce per mezzo della pioggia, mentre il restante 16% utilizza irrigazione proveniente da fiumi, laghi e falde acquifere. Per quanto riguarda il consumo di acqua del bestiame, questo rappresenta il 31% dell'acqua totale utilizzata per l'agricoltura. Il consumo idrico delle fasi di produzione del settore alimentare ammonta allo 0,6% degli usi complessivi dell'acqua dolce. Il sistema di produzione della carne consuma elevate quantità di acqua, e allo stesso tempo produce numerosi liquami che inquinano le falde.

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Negli stabilimenti di macellazione di carne e ossa, l'acqua viene utilizzata principalmente per il lavaggio delle carcasse. Nei processi di lavorazione della materia prima, rispetto al consumo complessivo, l’acqua viene impiegata tra il 44% e 60%. 

Il 23% dell'acqua dolce disponibile sulla terra è utilizzata per l'allevamento del bestiame in vita. Si stima che, durante tutta la sua vita, l'animale d'allevamento consuma 1300 kg di mangime e 7200 kg di foraggio, ma oltre a 24000 litri di acqua. Più a lungo l'animale sopravvive, più risorse vengono impiegate per il suo sostentamento. 

L'agricoltura e l’allevamento sono responsabili del 50-80% dell'inquinamento delle acque, perché i liquami industriali vengono smaltiti impropriamente come concime. Questa tecnica contamina anche le falde acquifere e i fiumi; la pioggia, poi, spande ovunque queste sostanze.

Un salto nel blu

Se le risorse idriche del pianeta si stanno estinguendo, quale soluzione potrebbe essere possibile? Un buon inizio è sicuramente modificare i nostri regimi alimentari, limitando - se non abolendo - il consumo di carne. Come abbiamo visto in precedenza, non solo il bestiame consuma risorse ma inquina anche quelle esistenti e non destinate a loro. In secondo luogo, migliorare le infrastrutture per l’erogazione e la distribuzione delle risorse idriche sul territorio nazionale (e non solo). Ancora: ridurre l’acquisto di indumenti (la cui produzione, analogamente al sistema alimentare, consuma grandissime quantità di acqua).

Tuttavia, le soluzioni non sono mai vere soluzioni, definitive e tassative. Sono piccolo passi, uno dopo l'altro, che partono dai dati e dalla consapevolezza.

Giulia Cerami

Giulia Cerami

Siciliana che sogna oltre i confini del mare. Guardo sempre le cose con un certo pessimismo, ecco forse perché mi interesso di tematiche ambientali e femminismi. Però niente paura, per bilanciare dipingo e l'arte cinematografica (del piccolo e grande schermo) ha un posto privilegiato nel mio cuore.

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